RELAZIONE INSEDIAMENTO OTTOBRE 2013

Centro G. La Pira 10 ottobre 2013

Introduzione
Il 28 settembre scorso, si sono svolte le elezioni per il rinnovo delle cariche, voglio ringraziare tutta la comunità del centro, non tanto per il risultato finale del voto, ma per l’alto senso di responsabilità e la grande partecipazione. Un piccolo esperimento di democrazia interna che renderà più agevole e serena la relazione tra il nuovo consiglio e l’assemblea.

Poco più di un mese fa, nei nostri giorni della montagna, affrontavamo il problema della dignità della persona umana legata al fenomeno dell’immigrazione, abbiamo proiettato il film TERRAFERMA, e insieme ci siamo commossi, ma la realtà di questi giorni ha superato di molto l’immaginazione cinematografica, e il mare Mediterraneo, quello che La Pira soleva chiamare, il lago di Tiberiade, si è trasformato in un cimitero per uomini, donne e bambini, che non potranno più avere un futuro , almeno su questa terra.
A loro voglio dedicare una mia poesia di qualche tempo fa
Immigrati ………….
Penso di non tradire lo spirito laico di questa riunione se vi chiedo di iniziare con un pensiero rivolto a loro e recitare la preghiera più semplice del mondo, insieme …. PADRE NOSTRO

Questa mia relazione si compone di tre parti, la prima è una nota autobiografica, lungi da me qualsiasi atteggiamento di vanità o di presunzione , ma ritengo che nessuna persona è così come la conosciamo in un certo momento della vita, tutti siamo sempre la risultante di un percorso , di una storia, che con i suoi molteplici passaggi ha contribuito a definire la nostra forma , il nostro aspetto attuale.
La seconda vuole tentare di chiarire il senso del nostro stare insieme, l’alba e l’orizzonte della nostra associazione, nel nome di Giorgio La Pira.
La terza , la potremmo definire la parte programmatica e pragmatica in senso generale.
La nota autobiografica
Sono nato nella bella stagione del 1960, da padre operaio e madre bracciante, gli anni dell’infanzia li ho vissuti in un quartiere periferico pomiglianese, Paciano ……. Lungo il confine che separava il mondo contadino dalla modernità.
“In quel tempo, spesso, volevo guarire i ciliegi quando rossi di frutti li credevo feriti,……………”
E così, dopo anni, fui medico, ma subito compresi che le cure del corpo non sarebbero bastate, ci voleva qualcosa di più, e un poco più avanti arrivò il grande impegno nel volontariato sociale e culturale.
Tornando con la mente a quel periodo, ricordo che verso i 12 anni, andai ad abitare in una casa di edilizia popolare a via Sulmona. Iniziai a frequentare quelle che una volta si chiamavano agenzie formative del territorio, l’ACR della parrocchia di San Felice, e fu proprio lì che per la prima volta conobbi Gaetano, lui era il mio educatore, era il giovane che si prendeva cura di noi ragazzi, che ci accompagnava , con alto senso di responsabilità, lungo quei precoci e delicati sentieri di formazione.
E sempre con lui facevamo le vacanze studio nei campi scuola dell’azione cattolica di Domicella e di Campobasso, e ancora con lui le nostre giovani coscienze si nutrivano di buoni principi.
Mai avrei pensato che nel corso di questa vita, che il Signore ci avrebbe fatto rincontrare, facendoci condividere un impegno così importante, in una associazione da lui fondata e sempre curata con passione e dedizione totale.
Grazie Presidente Emerito.
Quegli anni li ricordo come anni felici e affrontavo la vita in maniera spensierata, ignaro che ad attendermi non c’era solo il dolce ma anche l’amaro, fu l’11 Aprile del 1975 alle ore 13,25, ero di ritorno da scuola, nel momento in cui imboccai dal VICO DELLE ROSE…… VIA SULMONA …che…..
Un boato echeggiò e la terra tremò mille case più giù tremarono dodici stelle che da poco erano entrate nella grande galassia malvagia perirono ora sulla nitida e fredda pietra dodici madri piangono ancora.
Una delle dodici stelle era un mio fratello cugino, figlio di emigrati in Argentina, che erano tornati, dopo vent’anni di sacrifici, alla propria terra, nella speranza di trovarla migliore.
Questo scritto l’avevo appuntato sul diario di scuola di quell’anno, una volta ritrovato ho cercato di non perderlo più, esso rappresenta la pietra miliare della formazione della mia coscienza di adolescente, influenzando fortemente quelle che furono le scelte future.
La mia vita è sempre stata caratterizzata da un doppio impegno, da una parte lo studio della medicina che in seguito è diventato lavoro, dall’altra la partecipazione volontaria ai processi sociali, culturali e politici, che hanno caratterizzato il mio tempo.
Ecco perchè mi sono ritrovato per un periodo abbastanza lungo della mia vita, dai 18 ai 27 anni, a collaborare con il Gruppo Operaio È Zezi e a vivere la mia meglio gioventù.
Esperienza bellissima e, anche se io non me ne rendevo conto, altamente formativa, quella del teatro dell’ignoranza e della ricerca sulla nostra identità culturale contadina e poi industriale. Insieme ad Angelo De falco, Patrizio Esposito, Guido Calcavecchia, Carmine Guadagno, Giovanni Maietta, già allora affrontavamo la vita tra leggerezza e profondità, la leggerezza dei nostri anni e della musica e la profondità delle questioni e dei contenuti.
Conobbi delle belle personalità, di cui ancora oggi ne custodisco il ricordo, in maniera quasi religiosa.
Il prof. Ciro Oliviero Gravier, il prof. Psichiatra Sergio Piro, lo psichiatra Luigi Baldascini, la prof. Katrin Kroll della cattedra di storia del teatro di Kopenaghen, l’artista Peppe Barra, il cantastorie siciliano Ciccio Busacca, l’artista Piero Gilardi amico di Coco Cano, Felice Pignataro e i suoi murales educativi di Scampia, il premio Nobel per la letteratura Dario Fo, e tanta tantissima umanità anonima, operai delle fabbriche, disoccupati, contadini, donne, persone che vivevano un disagio di qualsiasi tipo.
Poi per lavoro, come tanti dei nostri fratelli meridionali, mi spostai in terra di Friuli, una terra del nord che somiglia un po’ al nostro sud, a quella terra che mi ospitò e alla sua gente, voglio esprimere tutta la mia gratitudine, per le sicurezze che mi ha regalato e gli insegnamenti che mi ha lasciato .
Tornai pieno di speranze e di progetti, pensavo che nel nostro sud, nella provincia di Napoli, avremmo potuto metterci a lavoro per trasformare in ulivo tutto quell’olivastro, che ancora oggi è predominante. Forse un’illusione, o solo un progetto che ha bisogno di tempo per realizzarsi, ma nessun nuovo giorno potrà mai vedere la luce nella nostra terra, se tutti insieme non siamo capaci, come diceva La Pira, di forzare l’Aurora a nascere.
Alla fine degli anni 90, insieme ad Antonio Gaita, Giovanni Varchetta e Felice Quinto, facemmo un’esperienza politica su Castello di Cisterna, pensavamo, sbagliando, che in una comunità più piccola sarebbe stato più facile realizzare dei progetti migliorativi dello status quo, ma ci scontrammo con una realtà tribale, conservatrice e poco duttile, che ancora oggi il ricordo mi genera incubi.
Ma come si dice, tutto passa, l’amicizia e l’amore resiste.
Antonio Gaita, lo conoscete bene, inutile che ne tessi le lodi, è stato l’amico di sempre, ci conosciamo dai tempi della maturità. Dotato di una complessa semplicità o di una semplice complessità, ancora oggi non sarei capace a dirlo, l’importante che nel momento del bisogno ce lo ritroviamo sempre vicino.
Giovanni Varchetta lo conobbi in occasione di questo impegno politico, fu l’incontro tra il pragmatismo e l’idealismo, tra don Chisciotte e Sancho Panza e la storia di questi anni è tempestata delle loro gesta, forse ………. in un giorno che non si saprà, li rivedremo proprio lì, sulla linea dell’orizzonte, con un sole rosso arancio a fare da sfondo, in sella al cavallo e al ronzino, lanciati per sempre in una folle corsa contro il potere e l’ingiustizia.
Felice Quinto, il sognatore, l’amico gentile, colui che prima di ogni altro ha avuto il coraggio di ribellarsi ad una mentalità paesanotta che troppo spesso ha tarpato le ali ai gabbiani più sensibili, poi Felice è dovuto partire in anticipo, evaporando in una nuvola rosa attraverso una delle feritoie di una notte d’autunno, oggi questa presidenza la voglio dedicare a lui e a quel sogno che ci rese fratelli.
Tutti e quattro, dopo tanto peregrinare, circa nove anni fa, approdammo al centro Giorgio La Pira.
Poi vennero l’equivoco terapeutico, metafore d’oriente, il promuoviamoci per i ragazzi delle scuole superiori e quello per i ragazzi delle scuole medie, Poppi e Tatti di Roberta Grazzani, il pozzo di Franceschiello, il complesso di Edipo e il mito di Narciso, la storia di Pomigliano raccontata ai ragazzi, la Giostra, Giovani amici, gli aquiloni di Mimì, i Giorni della Montagna, i viaggi d’istruzione, l’Unità d’Italia, le Assenze di Campo, il Forum delle Culture Pomigliano 2013, l’arte per bambini di COCO CANO, gli incontri con i giovani pomiglianesi, i politici architetti del bene comune, la dignità del nostro vivere quotidiano, spes contra spem a Firenze, e questo per fare una sintesi …………..

Il senso
Spero , insieme all’intero consiglio, di non deludere le vostre aspettative e le vostre speranze, anche perché la dote che ereditiamo è di altissimo valore, sociale, morale, spirituale e politico.
Superando, per un momento, gli obblighi formali di questo momento, intendo rassicurare gli animi di tutti, dicendo che il nuovo consiglio è composto da persone tra le persone, da gente tra la gente, da umili tra umili, e per questo saprà ascoltare anche le voci più flebili, dedicando attenzione ad ognuno.
Il compito che ci attende è molto impegnativo ed affascinante al tempo stesso, si tratta , nel rispetto della memoria delle nostre radici, individuali e comunitarie, con grande spirito di servizio, di contribuire alla costruzione di un orizzonte di senso e dare forma ad un sogno.
Bisogna, come direbbe papa Francesco,
creare il cammino, …….. il cammino di un’intera comunità, l’orientamento necessario per non smarrirsi, recuperare le certezze, ricomporre frammentazioni, promuovere in maniera convinta e convincente la cultura dell’incontro e del dialogo, in particolar modo tra i due pilastri fondamentali della storia dell’umanità, la FEDE e la RAGIONE,
rifuggendo da dogmi e fondamentalismi, preferendo ad una inconsapevole obbedienza, la formazione sincera e autentica delle nostre coscienze.
Non ci dovrà mai abbandonare una grande idea di solidarietà, ma anche una buona dose di coraggio e condivisione.
SPES CONTRA SPEM, lo voglio declinare al futuro, spereremo contro ogni speranza, che il progetto che riusciremo a realizzare nel triennio che sta per iniziare, ci aiuti a prendere coscienza del senso originario della spiritualità cristiana.
Per questo chiediamo al nostro GIORGIO LA PIRA, riferimento primo di tutti i nostri profili sostantivi, di illuminare sempre, attraverso la saggezza e la bellezza del suo pensiero, il cammino che ci sta a cuore.
Oggi, dopo il convegno di Firenze del 4 e 5 ottobre, possiamo dire di appartenere alla grande famiglia dei centri Giorgio La Pira di tutta l’Italia.
Operare in un associazione come la nostra significa dare vita ad un impegno che si rinnova nel tempo…
E così ogni tre anni rinnovando cariche e tematica, diamo vita ad una attività che si diversifica per le tante espressioni che la compongono culturali, sociali, educative, politiche e spirituali.
Un’associazione, la nostra, ha l’obbligo di interrogarsi sul senso del suo rapporto con il territorio e sulla capacità di creare una rete e di tessere relazioni all’interno della comunità.
La nostra associazione potremmo definirla come un’associazione laica, cristianamente ispirata, ad impronta francescana.
Non è certo, il nostro un centro di servizi, ma una realtà al servizio della comunità , e che ispirandosi in modo continuo ai suoi profili sostantivi, dal verbo del Vangelo alla testimonianza di Francesco d’Assisi, fino all’’ opera di Giorgio La Pira, Don Milani, Carlo Maria Martini, Papa Francesco, per citarne alcuni, ricerca quotidianamente, soprattutto nelle cose più semplici, l’immanenza della trascendenza, e qualche traccia di vero umanesimo.
L’ispirazione cristiana è alla base del rinnovamento continuo dell’uomo, come una resurrezione perpetua che rende praticabili progetti sempre nuovi, e che si apre al diverso da noi attraverso il superamento di dogmi e fondamentalismi, e che si concretizza in una teologia delle coscienze.
I progetti realizzati dal Centro sono stati rivolti e saranno rivolti a persone di ogni età e hanno sviluppato momenti di integrazione generazionale, hanno contribuito a definire un servizio culturale offerto con umiltà ma sempre con chiarezza di intenti.
Un contributo originale e sereno nella speranza di riuscire a capire meglio noi stessi e il mondo, rafforzando l’attitudine ad una coscienza critica.
In tutte le nostre esperienze sono presenti due aspetti dai quali non è possibile prescindere.
Innanzitutto la nostra di antropologia cristiana, che deve darci la possibilità di ripensare e rielaborare la cultura o le culture cristianamente ispirate, come sta avvenendo con Papa Francesco in questo periodo.
In secondo luogo, sull’esempio di La Pira, l’attenzione ai bisogni degli ultimi, guardando con passione evangelica a chi grida o sussurra una richiesta di aiuto. Solo in questo modo un servizio socio-culturale diventa cultura della carità e della solidarietà e ci ricorda che non è pensabile essere per CRISTO senza essere per l’UOMO.
IL Centro G. La Pira rappresenta una sorta di osservatorio, una finestra aperta sui problemi, le sofferenze, i disagi, i bisogni e le aspettative che vengono dal territorio.
Allo stesso tempo questa finestra ci permette di attivare l’occhio interiore per intraprendere il necessario viaggio all’interno di noi stessi.
Ma torniamo per un momento al rapporto con il nostro territorio. Non possiamo ignorare che viviamo in un’area geografica difficile, in cui si sono concentrate tutte le negatività dell’esistente e in cui si rischia l’assuefazione al degrado.

È per questo motivo che è necessario ripensare una società diversa dove sia possibile aiutare le persone a prendersi cura di se stessi e degli altri.

Un’associazione cristianamente ispirata laica deve porsi l’obiettivo di recuperare punti di riferimento, profili sostantivi, valori fondamentali, modalità di comunicazione, promuovendo una riforma del pensiero, innescando un processo educativo che riaccenda la speranza e che sia capace di arginare la frammentarietà.

Noi viviamo in una regione e in una provincia, la Campania, Napoli, tra le più degradate, devastate, abusate e violentate da sciacalli di ogni tipo e di ogni dove, viviamo in una terra che per secoli ha saputo accogliere infinite culture creando una commistione sanguigna che non conosce pari in nessuna parte del mondo, una terra con un popolo dal carattere allegro e remissivo, che nei momenti storici cruciali è andato sempre contro i propri interessi, terra lambita da un mare, quello mediterraneo, il lago di Tiberiade di Giorgio La Pira, che più che dividere i popoli li avrebbe dovuti unire, una terra che ha esportato il lamento e la bellezza della sua musica in ogni parte del pianeta, terra resa fragile dalla forza della natura scatenata dell’eruzioni e dei terremoti, terrorizzata dalla potenza militare della camorra con una quotidianità tempestata di eventi tragici, dove la devianza sociale ha raggiunto picchi altissimi, come quelli dei tumori in quell’area chiamata terra dei fuochi, terra dove un posto di lavoro non rappresenta un diritto, ma sempre un favore, terra tenuta sottoricatto dall’amministratore delegato della FIAT, terra dove i comportamenti illegali sono la normalità, terra una volta felice ed oggi arsa viva defraudata e saccheggiata di ogni speranza.

Purtroppo, nell’ultimo ventennio, l’esito liberistico di un lasciar fare caotico, ha disseminato sempre più vittime, nel finto clamore momentaneo o nel silenzio doloroso, e la regola del più forte, del più disonesto e del più furbo è diventata il valore assoluto.

E’ necessario oggi, di fronte a scenari così deprimenti, recuperare l’indocilita’ impertinente, intelligente, creativa ,che può sostenere l’approccio educativo: se quel che ci attende significa imparare a dire no, come fece La Pira con Fanfani per quanto riguarda la vicenda della Pignone, ebbene sia no, se questo serve a restituire a ciascuno dignità e speranza .

Dignità e Speranza, parole sacrosante e da non dimenticare.

Dagli insegnamenti di Giorgio La Pira emerge in maniera decisa che la politica è il pensare insieme alla costruzione del futuro ed insieme organizzare la speranza. Oggi mi sembra che non ci siano valori superiori da cercare, per i quali combattere insieme e forse dare anche la propria vita, oggi c’è solo il bisogno assoluto di soddisfare se stessi, un bisogno ancora più forte in questa situazione di crisi economica, che nasce proprio da una democrazia in crisi.

Ognuno si accontenta di ottenere quello che gli serve, quello che gli è strettamente necessario per il suo piacere, ma in questo modo si restringe sempre di più lo spazio d’interesse per la vita, se ne impoverisce il significato, ma soprattutto ci si allontana dalla vita degli altri, dall’interesse generale, dai problemi della società, lasciando ampi margini d’intervento a quella politica di potere e non di servizio che, in quegli spazi lasciati vuoti, organizza i suoi affari.

Un uomo così trasformato, ritiene se stesso il centro esclusivo e preminente di ogni interesse, ignora il valore degli altri, e ne offende la dignità.

Partendo dall’insegnamento di Giorgio La Pira io mi auguro che questo centro possa continuare a percorrere la direzione che va contro corrente, come quei salmoni, che per garantirsi la continuità della specie, risalgono il fiume fino alla sorgente.
Andando alle radici del nostro pensiero, in un testo breve e densissimo Il valore della persona umana Giorgio La Pira, considera la difesa della dignità il punto di partenza, il richiamo a ricercare l’essenziale, per rimettere al centro, nei periodi più difficili della storia, la riflessione sul fondamento della dignità umana e sul senso della vita con gli altri.

E tutto ciò, volete che non possegga qualcosa di grande attualità ?
E al tempo stesso, rappresentare il senso del nostro stare assieme.

Metodo RADICI Continuità ed innovazione
Leggerezza e profondità cura delle relazioni
Cultura educazione spiritualità solidarietà
Il senso
Spero , insieme all’intero consiglio, di non deludere le vostre aspettative e le vostre speranze, anche perché la dote che ereditiamo è di altissimo valore, sociale, morale, spirituale e politico.
Superando, per un momento, gli obblighi formali di questo momento, intendo rassicurare gli animi di tutti, dicendo che il nuovo consiglio è composto da persone tra le persone, da gente tra la gente, da umili tra umili, e per questo saprà ascoltare anche le voci più flebili, dedicando attenzione ad ognuno.
Il compito che ci attende è molto impegnativo ed affascinante al tempo stesso, si tratta , nel rispetto della memoria delle nostre radici, individuali e comunitarie, con grande spirito di servizio, di contribuire alla costruzione di un orizzonte di senso e dare forma ad un sogno.
Bisogna, come direbbe papa Francesco, creare il cammino, …….. il cammino di un’intera comunità, l’orientamento necessario per non smarrirsi, recuperare le certezze, ricomporre frammentazioni, promuovere in maniera convinta e convincente la cultura dell’incontro e del dialogo, in particolar modo tra i due pilastri fondamentali della storia dell’umanità, la FEDE e la RAGIONE, rifuggendo da dogmi e fondamentalismi, preferendo ad una inconsapevole obbedienza, la formazione sincera e autentica delle nostre coscienze.
Non ci dovrà mai abbandonare una grande idea di solidarietà, ma anche una buona dose di coraggio e condivisione.
SPES CONTRA SPEM, lo voglio declinare al futuro, spereremo contro ogni speranza, che il progetto che riusciremo a realizzare nel triennio che sta per iniziare, ci aiuti a prendere coscienza del senso originario della spiritualità cristiana.
Per questo chiediamo al nostro GIORGIO LA PIRA, riferimento primo di tutti i nostri profili sostantivi, di illuminare sempre, attraverso la saggezza e la bellezza del suo pensiero, il cammino che ci sta a cuore.
Oggi, dopo il convegno di Firenze del 4 e 5 ottobre, possiamo dire di appartenere alla grande famiglia dei centri Giorgio La Pira di tutta l’Italia.
Operare in un associazione come la nostra significa dare vita ad un impegno che si rinnova nel tempo…
E così ogni tre anni rinnovando cariche e tematica, diamo vita ad una attività che si diversifica per le tante espressioni che la compongono culturali, sociali, educative, politiche e spirituali.
Un’associazione, la nostra, ha l’obbligo di interrogarsi sul senso del suo rapporto con il territorio e sulla capacità di creare una rete e di tessere relazioni all’interno della comunità.
La nostra associazione potremmo definirla come un’associazione laica, cristianamente ispirata, ad impronta francescana.
Non è certo, il nostro un centro di servizi, ma una realtà al servizio della comunità , e che ispirandosi in modo continuo ai suoi profili sostantivi, dal verbo del Vangelo alla testimonianza di Francesco d’Assisi, fino all’’ opera di Giorgio La Pira, Don Milani, Carlo Maria Martini, Papa Francesco, per citarne alcuni, ricerca quotidianamente, soprattutto nelle cose più semplici, l’immanenza della trascendenza, e qualche traccia di vero umanesimo.
L’ispirazione cristiana è alla base del rinnovamento continuo dell’uomo, come una resurrezione perpetua che rende praticabili progetti sempre nuovi, e che si apre al diverso da noi attraverso il superamento di dogmi e fondamentalismi, e che si concretizza in una teologia delle coscienze.
I progetti realizzati dal Centro sono stati rivolti e saranno rivolti a persone di ogni età e hanno sviluppato momenti di integrazione generazionale, hanno contribuito a definire un servizio culturale offerto con umiltà ma sempre con chiarezza di intenti.
Un contributo originale e sereno nella speranza di riuscire a capire meglio noi stessi e il mondo, rafforzando l’attitudine ad una coscienza critica.
In tutte le nostre esperienze sono presenti due aspetti dai quali non è possibile prescindere.
Innanzitutto la nostra di antropologia cristiana, che deve darci la possibilità di ripensare e rielaborare la cultura o le culture cristianamente ispirate, come sta avvenendo con Papa Francesco in questo periodo.
In secondo luogo, sull’esempio di La Pira, l’attenzione ai bisogni degli ultimi, guardando con passione evangelica a chi grida o sussurra una richiesta di aiuto. Solo in questo modo un servizio socio-culturale diventa cultura della carità e della solidarietà e ci ricorda che non è pensabile essere per CRISTO senza essere per l’UOMO.
IL Centro G. La Pira rappresenta una sorta di osservatorio, una finestra aperta sui problemi, le sofferenze, i disagi, i bisogni e le aspettative che vengono dal territorio.
Allo stesso tempo questa finestra ci permette di attivare l’occhio interiore per intraprendere il necessario viaggio all’interno di noi stessi.
Ma torniamo per un momento al rapporto con il nostro territorio. Non possiamo ignorare che viviamo in un’area geografica difficile, in cui si sono concentrate tutte le negatività dell’esistente e in cui si rischia l’assuefazione al degrado.

È per questo motivo che è necessario ripensare una società diversa dove sia possibile aiutare le persone a prendersi cura di se stessi e degli altri.

Un’associazione cristianamente ispirata laica deve porsi l’obiettivo di recuperare punti di riferimento, profili sostantivi, valori fondamentali, modalità di comunicazione, promuovendo una riforma del pensiero, innescando un processo educativo che riaccenda la speranza e che sia capace di arginare la frammentarietà.

Noi viviamo in una regione e in una provincia, la Campania, Napoli, tra le più degradate, devastate, abusate e violentate da sciacalli di ogni tipo e di ogni dove, viviamo in una terra che per secoli ha saputo accogliere infinite culture creando una commistione sanguigna che non conosce pari in nessuna parte del mondo, una terra con un popolo dal carattere allegro e remissivo, che nei momenti storici cruciali è andato sempre contro i propri interessi, terra lambita da un mare, quello mediterraneo, il lago di Tiberiade di Giorgio La Pira, che più che dividere i popoli li avrebbe dovuti unire, una terra che ha esportato il lamento e la bellezza della sua musica in ogni parte del pianeta, terra resa fragile dalla forza della natura scatenata dell’eruzioni e dei terremoti, terrorizzata dalla potenza militare della camorra con una quotidianità tempestata di eventi tragici, dove la devianza sociale ha raggiunto picchi altissimi, come quelli dei tumori in quell’area chiamata terra dei fuochi, terra dove un posto di lavoro non rappresenta un diritto, ma sempre un favore, terra tenuta sottoricatto dall’amministratore delegato della FIAT, terra dove i comportamenti illegali sono la normalità, terra una volta felice ed oggi arsa viva defraudata e saccheggiata di ogni speranza.

Purtroppo, nell’ultimo ventennio, l’esito liberistico di un lasciar fare caotico, ha disseminato sempre più vittime, nel finto clamore momentaneo o nel silenzio doloroso, e la regola del più forte, del più disonesto e del più furbo è diventata il valore assoluto.

E’ necessario oggi, di fronte a scenari così deprimenti, recuperare l’indocilita’ impertinente, intelligente, creativa ,che può sostenere l’approccio educativo: se quel che ci attende significa imparare a dire no, come fece La Pira con Fanfani per quanto riguarda la vicenda della Pignone, ebbene sia no, se questo serve a restituire a ciascuno dignità e speranza .

Dignità e Speranza, parole sacrosante e da non dimenticare.

Dagli insegnamenti di Giorgio La Pira emerge in maniera decisa che la politica è il pensare insieme alla costruzione del futuro ed insieme organizzare la speranza. Oggi mi sembra che non ci siano valori superiori da cercare, per i quali combattere insieme e forse dare anche la propria vita, oggi c’è solo il bisogno assoluto di soddisfare se stessi, un bisogno ancora più forte in questa situazione di crisi economica, che nasce proprio da una democrazia in crisi.

Ognuno si accontenta di ottenere quello che gli serve, quello che gli è strettamente necessario per il suo piacere, ma in questo modo si restringe sempre di più lo spazio d’interesse per la vita, se ne impoverisce il significato, ma soprattutto ci si allontana dalla vita degli altri, dall’interesse generale, dai problemi della società, lasciando ampi margini d’intervento a quella politica di potere e non di servizio che, in quegli spazi lasciati vuoti, organizza i suoi affari.

Un uomo così trasformato, ritiene se stesso il centro esclusivo e preminente di ogni interesse, ignora il valore degli altri, e ne offende la dignità.

Partendo dall’insegnamento di Giorgio La Pira io mi auguro che questo centro possa continuare a percorrere la direzione che va contro corrente, come quei salmoni, che per garantirsi la continuità della specie, risalgono il fiume fino alla sorgente.
Andando alle radici del nostro pensiero, in un testo breve e densissimo Il valore della persona umana Giorgio La Pira, considera la difesa della dignità il punto di partenza, il richiamo a ricercare l’essenziale, per rimettere al centro, nei periodi più difficili della storia, la riflessione sul fondamento della dignità umana e sul senso della vita con gli altri.

E tutto ciò, volete che non possegga qualcosa di grande attualità ?
E al tempo stesso, rappresentare il senso del nostro stare assieme.

Linee programmatiche
La rosa dei venti

Dottor DOMENICO DE CICCO, Presidente del Centro LA PIRA

Giorgio La Pira. Un San Francesco nel Novecento

✎ … C’è un fil rouge che lega Fran­cesco d’Assisi a Giorgio La Pira, rendendo attuale e mo­derna la figura del siciliano sindaco di Firenze nato 110 anni fa a Pozzallo. È l’atten­zione alle «attese della po­vera gente», agli emarginati, ai senza lavoro e a tutte quelle persone che per La Pira prima di o­gni cosa erano importanti agli occhi di Dio. Sulla «via di Damasco», allo stesso modo di san Paolo e del Poverello di Assisi, La Pira cadde nel 1924. Un anno che lui stesso ricordò come la sua Pasqua di conversione.

«Giorgio La Pira può es­sere considerato a buon diritto una sorta di san Francesco del Novecento per via della sua te­stimonianza cristiana di una libertà spirituale inaudita – spiega il filosofo Carmelo Vigna, do­cente emerito all’Università Ca’ Foscari di Ve­nezia e direttore del Cise, il Centro interuniver­sitario per gli studi sull’etica –. Egli non pre­scrive regole istituzionali, né pratiche partico­lari, né vocazioni specifiche. Non privilegia nes­sun luogo sacro, nessun convento, nessuna confraternita, nessuna umana eredità da cu­stodire gelosamente, nessuna propria dottrina. Solo coltiva la vocazione a voler bene a tutti gli uomini nella forma più radicale e più univer­sale, cioè senza discriminazioni di alcun tipo. Egli desidera che tutte le religioni convengano nel nome della pace. Proprio come Francesco. Per lui, come per Francesco, ogni posto è Ge­rusalemme, ogni uomo è nostro fratello». Quella stessa Gerusalemme che Papa France­sco, ricordando ai fedeli le parole del profeta I­saia durante l’omelia del 6 gennaio scorso in occasione della solennità dell’Epifania, ha in­dicato «come città della luce, che riflette sul mondo la luce di Dio e aiuta gli uomini a cam­minare nelle sue vie».

La Pira, così come Fran­cesco d’Assisi, seppur in periodi storici diffe­renti ma non meno lacerati da guerre, pesti- lenze, problemi economici e sociali, sperimen­ta l’esperienza di prossimità e di carità entran­do in empatia con il prossimo. Si pensi all’isti­tuzione della messa di San Procolo per i pove­ri e poi alla Badia. «Per lui siamo nel tempo in cui Dio deve esse­re adorato solo in spirito e verità (Gv 4, 23) – ag­giunge Vigna –. Quest’uomo straordinario nel Novecento era già glocale, cioè globale e loca­le. Le strane indicazioni che egli dava e che pa­revano farneticazioni di un esaltato, oggi sem­brano molto meno strane. Oggi la storia del mondo ha già posto all’ordine del giorno della politica quell’universalità umana che La Pira vedeva da lontano e che credeva prossima – sot­tolinea Vigna –. Come tutti i profeti, non bada­va alla scansione lenta del tempo. Anticipava con la visione ciò che prima o poi sarebbe ne­cessariamente accaduto. Questo cattolico sici­liano (così egli si presentò a Ho Chi Minh) dev’essere forse ancora capito. Il tempo pare fi­nalmente propizio. Grazie a Papa Francesco». Sul francescanesimo di La Pira lo storico Mas­simo De Giuseppe, docente allo Iulm di Mila­no, dice: «Indubbiamente la dimensione fran­cescana si ritrova in La Pira esplicitata a più li­velli, però così inestricabilmente e coerente­mente intrecciati tra loro da costituire una pro­spettiva fortemente unitaria – spiega De Giu­seppe –. C’è naturalmente La Pira terziario fran­cescano, frutto di una scelta coraggiosa di un giovane siciliano, emigrante accademico, di non farsi travolgere dal mondo dell’erudizione fine a se stessa ma di costruire un dialogo vitale tra il diritto romano, la storia e la filosofia da un la­to, l’impegno sociale e l’incontro con i poveri dall’altro».

«Da qui deriva la sua passione per la costruzione di una casa comune che nella sfera giuridica, econo­mica e politica sappia riflettere i segni di un corpo sociale aperto e solidale, fon­dato su una caritas strutturale e non compas­sionevole: un progetto che nella città del dia­logo tra centro e periferie, sospesa tra locale e globale, ricerca un’attuazione ideale». «C’è poi la dimensione francescana dell’incul­turazione, la stessa che aveva animato nell’età moderna personaggi come fray Toribio de Be­navente Motolinía, uno dei primi fautori del dialogo con la cultura indigena nel ‘nuovo mondo’, influendo sulla genesi del pensiero giusnaturalista e sulla storia dei diritti umani». Di qui, prosegue lo storico De Giuseppe, «la sco­perta dell’altro, il rispetto per il diverso, la ne­cessità di mettersi sempre in gioco, di costrui­re occasioni di dialogo, forti della propria fede ma rigettando qualsiasi forma di razzismo e set­tarismo, anche quelle più sottili e impalpabili». «Infine c’è il La Pira globale che, sulle orme del viaggio di Francesco dal sultano, rigetta la cro­ciata in armi e cerca le tracce del sentiero di I­saia nascoste dalla sabbia e dal tempo, dise­gnando un originale e creativo cammino di pa­ce ». Un percorso da costruire nel quotidiano ma anche «aiutando l’aurora a nascere», come amava dire il professore «intessendo reti, rein­ventando forme di diplomazia e – aggiunge De Giuseppe – costruendo ponti in grado di supe­rare le barriere politiche, diplomatiche, religio­se e ideologiche. Un piccolo uomo alla ricerca della ‘qualità’ della pace, come unità e spe­ranza dei popoli»

AVVENIRE.it

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Il volume offre dei profili mirati che permettono di penetrare nell’animo di La Pira e di decifrarne al meglio la sua straordinaria vocazione. Egli reca a tutti gli uomini un messaggio di una libertà spirituale autentica che si esprime nel voler bene a tutti gli uomini nella forma più radicale e più universale. Egli è attento al dialogo tra le religioni e auspica che convengano in nome della pace. La sequenza degli interventi mostra una sorta di ritratto a tutto tondo della personalità di La Pira. In particolare nel saggio La Pira mistico, si sottolinea che il valore dell’uomo consiste nell’essere creato ad immagine di Dio e il suo fine ultimo è nel tendere a Lui. Fine dell’uomo è allora la contemplazione che manifesta l’amore per Dio e insieme per gli altri uomini. Primato dunque della contemplazione, ma nello stesso tempo impegno anche nella società.

I:La Pira poeta, sognatore, realista – Antonio Scivoletto.
II:La Pira lettore delle Scritture – don Giuseppe Bellia.
III:La Pira mistico – Elisabetta Zambruno.
IV:La Pira politico- Ugo De Siervo.
V:La Pira romanista – Giampaolo Azioni.
VI:La Pira tomista – Carmelo Vigna.

Le conclusioni dettagliate degli scritti di La Pira redatto affidate a Piero Antonio Carnemolla, noto cultore del lascito lapiriano.

Curatori: Carmelo Vigna, Elisabetta Zambruno

Il Libro è consultabile presso la nostra Biblioteca ‘I CARE’ – Centro Giorgio La Pira

Forum delle Culture Pomigliano 2013

Il giorno 24 aprile 2013 alle ore 19,00 sarà presentato in unaconferenza stampa, presso l’aula consiliare del comune di Pomigliano d’Arco IL FORUM DELLE CULTURE POMIGLIANO 2013.

Il tema generale del progetto è “IL TEMPO, MEMORIADEL PASSATO, SPERANZA DEL FUTURO, CONSAPEVOLEZZA DEL PRESENTE”  le cui articolazioni ci porteranno a ripensare la cultura e comprendere , si spera , meglio la nostra condizione di uomini di questo tempo.

Hanno aderito al Forum:

– Centro G. La Pira

– CGS Don Bosco

– Dedicato a Pomigliano d’Arco

– Iparitraipari

– I Seminapace

– Le scuole del territorio

– NapoliExtraComunitaria

– Username

– Zezi Gruppo Operaio

Locandina del Manifesto del Forum delle Culture 2013 con l’indicazione degli eventi, delle date e dei luoghi di svolgimento a Pomigliano : (clicca sulla foto per ingrandire)

con il Patrocinio del Comune e la collaborazione dell’Assessorato alla Cultura

Costruire un Edificio nuovo: intervista a Gaetano Pugliese, presidente del Centro La Pira.

Intervista di Jacopa Settimo a Gaetano Pugliese, presidente del Centro La Pira. 

Favorire un clima di speranza e di rinnovata fiducia tra cittadini e istituzioni con l’invito a non cedere alla tentazione dell’indifferenza e del disimpegno”, è in sintesi quanto ha dichiarato il Presidente del Centro La Pira, una delle associazioni culturali più significative del territorio campano.

In un momento in cui il nostro Paese è attraversato da disorientamento e incertezza, continua Gaetano Pugliese, l’impegno politico sta molto a cuore ad un’associazione come la nostra: d’ispirazione cristiana, dedita alla formazione e al servizio e significativamente inserita nella società civile”.

D: Cosa significa oggi impegnarsi in politica secondo lo spirito di La Pira?

R: Oggi impegnarsi in politica non è facile. Insieme alle necessarie competenze tecniche per chi dovrà amministrare, occorre un profilo umano alto che testimoni anche con uno stile di vita trasparente e coerente un autentico spirito di servizio a favore della collettività. Ricercare il consenso promettendo l’impossibile o la tutela di interessi di parte non può che condurre in vicoli ciechi.

D: Con l’iniziativa “I politici architetti del bene comune”, da quasi trent’anni il Centro La Pira offre al territorio e ai candidati un momento di riflessione e un confronto sereno sul pensiero lapiriano. E’ sufficiente, oppure, occorre altro?

R: Non è questa l’unica iniziativa che il Centro propone attraverso eventi formativi e informativi e servizi al territorio con una programmazione e una tematica triennale. Come lapiriani il nostro impegno si muove lungo il tracciato della comprensione e della vicinanza alla persona tutta intera. La Pira ci ha dato un esempio di coerenza con il Vangelo, un esempio di servizio e non di potere. Oggi chi fa politica ha bisogno di vicinanza per non sentirsi solo. L’esercizio politico di noi cittadini non può ridursi al solo atto del voto. Avvertiamo il bisogno che si alzi il livello della cultura politica e che tutti si sentano responsabili della costruzione del bene comune.

D: Nell’attuale appuntamento elettorale i giovani sono presenti più che in passato. Secondo te è un segnale positivo? Quando è opportuno iniziare a fare politica?

R: Non esiste un’età precisa per iniziare. Essendo la politica una speciale vocazione e secondo La Pira, l’attività spirituale più alta dopo quella dell’intima unione con Dio, credo che l’età giovanile vissuta fra la gente, lo studio, il volontariato e soprattutto con serietà, competenza e sacrificio, sia l’età più adatta. Nel clima di sconforto e disaffezione per la politica che regna nel nostro Paese, è senz’altro positivo che tanti giovani testimonino la bellezza dell’impegno politico, pur in mezzo a tante difficoltà. Se la politica è governo intelligente degli avvenimenti e alimento della speranza, è nella vita ordinaria e quotidiana che si inizia a fare politica ed è un ambito nel quale ciascuno è chiamato a fare la sua parte: promuovendo, là dove si vive, relazioni amicali e concreta solidarietà nei confronti di chi è in difficoltà e ha bisogno di gesti e segni di speranza. Sono solo esempi di un necessario “abito culturale” che sappia con decisione contrastare la prevalente cultura individualista che mette al centro l’interesse personale e non sa guardare oltre la soddisfazione dell’oggi.

D: Un’associazione laica, d’ispirazione cristiana, qual’ è il Centro La Pira, come si inserisce nel decennio che la CEI ha dedicato all’educazione e in che modo ricorda i cinquant’anni del Concilio?

R: La dimensione educativa permea tutta la vita e tutte le attività del Centro. Accogliendo l’invito del Concilio, di partecipare alle vicende del nostro Paese in termini di responsabilità personale, abbiamo deciso di approfondire nell’Itinerario di spiritualità e politica la costituzione conciliare Gaudium et Spes. Infatti “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” (n°1) sono anche le nostre.

D: Ti ringrazio e ti chiedo di concludere questa nostra intervista con un ultimo invito sempre lapiriano.

R: Grazie a te. “Quando la Provvidenza mi portò sugli scanni dell’Assemblea Costituente, mi sono trovato nello stato d’animo di un “architetto” cui sia affidato il compito di costruire un edificio nuovo al posto di quello vecchio in parte o in tutto crollato” (Giorgio La Pira, 1948). L’invito decisivo e conclusivo è dunque quello di promuovere luoghi ed esperienze di partecipazione attiva, per formare cittadini maturi e capaci di operare per il bene di tutti, nessuno escluso.

Pensieri dalla montagna

“Se tu mi accogli con dolcezza e tenerezza
Se tu mi guardi e mi sorridi
Se qualche volta prima di parlare mi ascolti
Io crescerò, crescerò veramente”
(Bradley, 9 anni)

Il 10 agosto con amici provenienti da luoghi e storie diverse, ci siamo ritrovati sul monte della Verna, presso l’Oasi San Francesco, per un corso di Esercizi spirituali.
A sera, rientrato in camera, aprii la finestra per ammirare il cielo stellato che mi apparve in tutto il suo splendore. Fu allora che una farfalla entrò e dopo aver volato intorno al lume si posò sulla parete. Una bellissima e leggerissima creatura venuta da chissà dove per portare, forse, un messaggio. La osservai con dolcezza: sulle ali mostrava dei piccoli cerchi che sembravano occhi, simili a pietre preziose.
Mi vennero in mente, allora, tante storie e racconti: “Un luogo chiamato Altrove”(1); “La casa di panna montata”(2); “Il sogno della farfalla”(3); ….. e pensai alle pagine dell’agenda “Giorni non violenti 2013”. Soprattutto mi venne tanta “voglia di leggerezza”, da sempre invocata ma mai realizzata.
Leggerezza ….. fa rima con tenerezza, lentezza e ….. ci fa venir voglia di volare, di vivere alla grande, in pienezza, con gioia, nonostante gli affanni e le corse di ogni giorno.
E’ bello dare a noi stessi questa possibilità, a cominciare da “I giorni della montagna 2012”(4) che vivremo in Ciociaria dal 28 al 30 settembre. Avremo la possibilità di guardare ogni cosa da un altro punto di vista e di innalzarci leggeri, quasi a sfiorare le cose, i problemi, le persone, le tante situazioni che ci è dato di accogliere e di vivere ogni giorno. “Voglia di leggerezza” come il tocco leggero di una carezza data o solo immaginata, che ci sfiora come la brezza del vento per portarci vicinanza, affetto, interessamento, e ci fa sentire meno soli.
“Voglia di leggerezza” è il passo leggero di chi sa farsi presenza amica e discreta nei momenti più difficili. E’ il sorriso leggero di chi si apre alla vita nella gratitudine di un amore ricevuto e dato. E’ lo sguardo leggero che si posa sulle cose per coglierne il profumo e la bellezza. E’ il cuore leggero di tutti coloro che vivono guardando oltre il proprio orizzonte e sentono che qualcosa nasce dentro e cresce fino a diventare sogno, progetto, anticipo di futuro, di nuove e possibili mete da raggiungere e conquistare.
Leggerezza non come superficialità ma come capacità di guardare dentro e oltre le cose, di sentirci sempre in cammino, liberi di ricercare il filo della nostra esistenza e di partire ogni giorno da quel centro di gravità intravisto e forse mai raggiunto pienamente. Una predisposizione dell’animo che ci fa sentire cercatori di senso, ben consapevoli che il nostro cuore va dove trova tesori; dove il desiderio è più forte della paura e la gioia dell’incontro più coinvolgente del timore degli imprevisti.
In questi tempi difficili che più di ogni cosa rischiano di spegnere in noi la speranza, vogliamo regalarci un tocco di leggerezza e di fiducia.
“Con l’anno 2013 inizia per il Centro il nono triennio associativo. E noi in questo triennio desideriamo continuare il nostro cammino tra cambiamento e identità immutata”(5)
E ….. allora, possiamo fidarci e affidarci, “mettendo mano all’aratro” perché ovunque siamo, qualsiasi cosa facciamo, sapremo camminare leggeri e cantare la vita in modo nuovo.

Gaetano

Note

1 e 2 da R. Grazzani, La strega di carta, Biblioteca dei ragazzi I care – Centro G. La Pira – Pomigliano d’Arco, 2012

3 Hassaan Ali, Il sogno della farfalla, ed. Jaca Book – Milano, 2000

4 “I giorni della montagna” è uno degli appuntamenti più importanti del Centro Giorgio
La Pira. Famiglie, coppie, singoli, persone di diversa età e provenienza, si ritrovano per più giorni, a vivere un laboratorio di amicizia, alla luce dei valori universali del Vangelo, a contatto con la natura, la storia, l’arte.

5 da Giorni non violenti 2013, ed. Qualevita, 2012

Quando è nato il Centro La Pira

Il Centro prende vita il 27 ottobre 1986 in occasione della “Giornata mondiale di preghiera per la pace”, in cui i leader religiosi di tutta la terra si incontrarono ad Assisi, patria di Francesco e Chiara. Da allora il Centro è cresciuto. Lo ha fatto con la tecnica del compasso. La punta sempre nello stesso centro, ben fissa sugli ideali nati dallo Spirito di Assisi, la grafite invece, a poco a poco, ha tentato di disegnare una circonferenza sempre più ampia.

Gli ambiti in cui opera la nostra associazione, eventi culturali, spiritualità, servizi al territorio, sono rimasti gli stessi ma, me è variata la qualità e l’intensità. La nostra attività ha quindi richiesto risorse e impegno maggiori, ha stimolato ripensamenti e rinnovamenti, ma l’entusiasmo, la fede e la passione hanno accompagnato la crescita del Centro e ne hanno favorito la maturazione.

Il Centro è intitolato a Giorgio La Pira, un uomo che, come cristiano, politico e intellettuale, si è immerso nel vivo della storia del suo tempo, facendo della persona un progetto sociale di donazione. La nostra associazione ha come obiettivo principale l’analisi dei problemi e la riflessione sugli avvenimenti che la vita e la storia ci propongono, cercando di non rifiutare aprioristicamente nessuna posizione, ma senza mai cedere a tentazioni di compromesso o di rinuncia alla propria identità.
Il lavoro del Centro si articola attraverso l’attività di vari laboratori che si caratterizzano per specificità di tematiche, pur nell’unità di fini e di impegno.

L’attenzione all’infanzia, all’adolescenza e alla sfida educativa è un’altra connotazione del Centro. La ricerca costante degli strumenti più utili a interagire con i ragazzi ha portato alla creazione di una biblioteca, che, in omaggio ai ragazzi della Scuola di Barbiana, abbiamo chiamato “I care” (Mi sta a cuore). La biblioteca dà vita, con cadenza triennale, ad un’importante rassegna del libro per ragazzi “E’ sbocciato un libro”, in cui, accanto all’esposizione e alla presentazione di libri, si succedono eventi musicali, teatrali, di convivialità.
Vogliamo che al biblioteca sia un luogo fisico e ideale in cui la lettura rappresenti solo una delle attività da ospitare e stimolare, vogliamo che essa divenga fucina di idee e palestra di pensiero dei nostri giovani.

L’intercultura, la non violenza, la ricerca sui linguaggi costiutiscono alcuni dei filoni su cui si innesca il nostro lavoro. Ma il Centro è sempre alla ricerca di nuovi apporti e nuove idee, vuol essere un luogo di confronto e di incontro.